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Genesis of Theories

Read: death of Collective Avantgarde



12.12.2022 [20:02]

Original Italian version: Genesi Teorica

Mi sono spesso ritrovata a riflettere sulla necessità di appoggiarsi ad esponenti per delineare un proprio pensiero. Acculturarsi naturalmente significa piazzar se stessi in posizioni talvolta scomode, talvolta sensate, altre straripanti di frasi sconclusionate (basate? schizopillate? chi ne ha più ne metta, ognuno affibbia loro l'aggettivo che preferisce).
Da quando i sistemi di comunicazione di massa si sono espansi non ho fatto a meno di notare che si sono sviluppati in parallelo due tipi di persone. Premetto di non aver letto nessun articolo antropo-sociologico su questo argomento, le mie sono solo inferenze deduttive derivanti da un'esposizione prolungata a miriadi di dinamiche di gruppo, soprattutto online. Fa tutto parte del quadro che sto cercando di delineare.

I primi non possono fare a meno di sentirsi parte del loro ingroup. C'è un attaccamento quasi affettivo a un gruppo, e talvolta ci si possono intromettere senza però averne i requisiti. Vige la legge del "se mi sento parte del gruppo, sono parte del gruppo", e naturalmente ciò porta a gravissime sfumature delle linee di confine, tra ciò che effettivamente il gruppo è e ciò che non è.
Faccio un esempio: "Sono femminista e mi batto per la legalizzazione della prostituzione." Due cose polarmente opposte e assolutamente inconciliabili fra loro. Non serve aver letto chissà quali saggi per capire che queste affermazioni sono l'antitesi della definizione stessa di femminismo, ma perché allora così tante ragazze si definiscono tali pur abbracciando queste idee retrograde e patriarcali?
Probabilmente perché si sentono parte del gruppo delle donne, ed essendo la libertà personale uno dei capisaldi del femminismo, ne deducono che esso sia applicabile ovunque senza alcun contesto o conoscenza pregressa (pure a loro insaputa). In questo caso particolare, possono temere che posizioni abolizioniste della prostituzione possano minare la libertà personale delle donne. Ponendosi come femministe paladine della legalizzazione vìolano lo stesso principio centrale di libertà femminile che credono di difendere.
Su questo argomento ho infinite cose da dire, ma mi sembrava anche un ottimo esempio.
TL;DR: Chissene se il gruppo ha questi requisiti, io mi sento parte di esso perché tutta/parte della mia autostima si basa su questa etichetta.

Io propongo sempre di essere come i secondi invece, che rifiutano di appigliarsi a tali etichette e non intendono associarle a se stessi prima di aver compreso appieno i requisiti del gruppo.
I gruppi sono fatti per essere esclusivi, altrimenti non avrebbero senso di esistere. Ma nessuno di noi può sfuggire dal bias dell'ingroup. Noi tendiamo a giustificare le nostre azioni se sono coerenti col comportamento del gruppo di cui ci sentiamo parte. Pertanto, è difficile dissociarsi dalle dinamiche dell'aggregazione, perché ci offrono sostegno in momenti di crisi, di dissonanza cognitiva, eccetera.
Il problema dell'ingroup è che è confortevole. Diventa difficile mettere in dubbio le idee collaterali che hai appreso senza proprio volerlo. Le davi quasi per scontate, senza l'intenzione di sottoporle a un esame critico.

Da lì si crea il primo livello informazione: il passaparola [1], "me l'hanno detto i miei coetanei".
Ma dove l'hanno sentito i tuoi coetanei? Forse da altri simili, eccetto qualcuno, che si è documentato per conto suo, tramite il secondo livello di informazione: approvazione [2], "l'ho attivamente cercato basandomi su quello che dicevano gli altri". Si cerca quindi l'approvazione in fonti più "autorevoli".
Ma in cosa consistono queste fonti autorevoli? Solitamente dalla sovversione/mutazione [3] della cultura corrente, e l'esponente è "chi c'è arrivato prima". Da lì si crea un altro ciclo di approvazione [2] e passaparola [1], finché qualcuno non lo interrompe sovvertendolo [3].

Ma ci sono regole per sovvertirlo? Sì e no. Nella cultura di massa il lavoro di identificazione dell'esponente è per chi ne sa qualcosa, per gli studiosi. Ma nulla sul pianeta ti vieta di creare il tuo pensiero, la tua teoria, il tuo manifesto. Al diavolo l'essere visti come "esponenti" per racimolare un briciolo di fama, con l'internet si è vista la morte del concetto di "esponente", e ogni corrente (di qualsiasi tipo!) sembra essere partita come per caso, quasi una mutazione randomica nei gusti e pensieri della società.
La parola chiave è "sembra". Perché nulla parte dal nulla. Quasi tutto ora è dettato degli algoritmi, dalle megacorporazioni e dalle buone vecchie strategie di propaganda.

Ad ogni modo, l'unico modo per sconfiggere il ciclo di passaparola è fare lo sforzo intellettuale di racimolare quante più cose possibili e vedere se hanno senso per te. Ti chiamano uno stronzo comunista perché hai osato dire che il capitalismo va incenerito? Chissene frega, ma non montarti la testa pensando di essere comunista solo perché sei d'accordo con un'affermazione così generale. Approfondisci, metti in dubbio, argomenta, non farti prendere dalla pigrizia, soprattutto se il tuo scopo ultimo è sfoggiare un'etichetta online (patetico). è il minimo che dovresti fare. L'etichetta non è e non dovrebbe mai essere lo scopo ultimo, nemmeno un incentivo per sentirti appagato quando ti crogiolerai nel tuo ingroup bias.

Molta gente arriverà prima di te, ma il lavoro degli altri ti serve come guida per sviluppare il tuo modo di pensare. La fossilizzazione precede l'annichilimento.



12.12.2022 [20:02]

English version

Just shove it in google translate. I can't be bothered to write the english version, for now...